Una lente considerata “normale” con una notevole luminosità, quando necessaria!
In questo articolo esaminiamo una lunghezza focale di 40mm, spesso considerata ottica “normale”. Nel formato Leica (24x36mm), comunemente noto come full frame, un obiettivo con una lunghezza focale tra 38mm e 43mm rientra in questa categoria. Tali lunghezze focali offrono una resa che riproduce la scena in modo molto simile a quanto percepito dall’occhio umano in termini di proporzioni di altezza, lunghezza e profondità.
Per tale ragione, definisco queste ottiche “monotone”. Non presentano infatti le caratteristiche necessarie a conferire alla scena elementi di irrealtà come deformazioni, schiacciamenti, vignettature dell’immagine, ecc., che sono invece tipici delle ottiche più estreme (grandangolari e teleobiettivi, al di sotto e al di sopra della soglia di normalità). Queste ottiche estreme consentono infatti al fotografo di esprimere in modo più marcato la propria creatività, sensibilità e personalità, attraverso inquadrature che si discostano dalla percezione abituale della realtà visiva.
Tuttavia, grazie anche alla sua eccellente luminosità (f/1,4), il 40mm in questione si rivela un ideale strumento per le nostre riprese documentaristiche, conferendo alle scene al contempo straordinaria fedeltà visiva.
Nel contesto, desidero evidenziare quanto espresso da Ansel Adams (“La Fotocamera”, 1989, Nicola Zanichelli Editore S.p.A.):
“In generale, non trovo che gli obiettivi normali siano particolarmente desiderabili, dal punto di vista sia funzionale sia estetico. Le caratteristiche di angolo d’immagine e di profondità di campo non mi sembrano favorevoli per interpretare lo spazio e le gradazioni. ln base alla mia esperienza, gli obiettivi di minore o maggiore lunghezza focale sono di solito da preferire in senso estetico. Trovo spesso che i concetti e le rappresentazioni «normali» non sono entusiasmanti come quelle che consentono un accettabile distacco dalla realtà. Un obiettivo di corta focale rende possibili immagini coinvolgenti con l’impressione di vicino-lontano, esagerando le differenze della scala e della profondità del soggetto. Un obiettivo di lunga focale favorisce un più accurato «disegno» dei lineamenti del soggetto nel caso di un ritratto, e dà un’impressione quasi astratta di bidimensionalità con gli oggetti distanti”.
Per le ragioni sopra esposte, utilizzando il mio 40mm, ricerco soluzioni di ripresa maggiormente creative, intervenendo con tecniche di alterazione della luce, deformazione e modificazione dell’immagine anche con l’impiego di appositi filtri.
Caratteristiche fondamentali dell’ottica
Scala dei diaframmi: da f/1.4 a f/16 con intervalli di 1/2 spot
Angolo di campo: 56,8°
Iperfocale e profondità di campo per spot di diaframma:
– f/1,4: iperfocale 42,33 metri > profondità di campo da 21,17 metri a ∞
– f/2: iperfocale 29,63 metri > profondità di campo da 14,82 metri a ∞
– f/2,8: iperfocale 21,16 metri > profondità di campo da 10,59 metri a ∞
– f/4: iperfocale 14,81 metri > profondità di campo da 7,42 metri a ∞
– f/5,6: iperfocale 10,58 metri > profondità di campo da 5,30 metri a ∞
– f/8: iperfocale 7.41 metri > profondità di campo da 3,71 metri a ∞
– f/11: iperfocale 5,39 metri > profondità di campo da 2,70 metri a ∞
– f/16: iperfocale 3,70 metri > profondità di campo da 1,86 metri a ∞ (*)
*(è utile far presente che con il 28mm già visto il diaframma f/8 consente grosso modo la stessa profondità di campo data dal 40mm con apertura f/16! Ciò vuole anche dire che il 40mm per tale profondità di campo è 2 spot meno luminoso del 28mm e che quindi necessita di un tempo di esposizione maggiore di almeno 2 spot. Di seguito scopriremo meglio i dettagli!)
L’f-Spot e il valore Esposimetrico
È arrivato il momento di introdurre un concetto fondamentale che ci accompagnerà lungo il percorso: la misura della quantità di luce che determina il tempo di esposizione delle nostre fotografie. Non pensiamo di poter scattare sempre “a mano libera”; procuriamoci al più presto un treppiede, soprattutto se desideriamo ottenere la giusta profondità di campo nelle nostre immagini.
Il Valore di Esposizione (EV, Exposure Value) indica l’intensità della luce che raggiunge il sensore, determinata dall’apertura del diaframma e dal tempo di esposizione. Questo concetto, nato per esigenze costruttive delle ottiche negli anni ’50, è oggi uno standard di riferimento consolidato nella fotografia.
In termini semplici, l’apertura del diaframma aumentata di uno stop, insieme alla riduzione del tempo di esposizione di uno stop, mantiene invariata la quantità di luce necessaria per la corretta esposizione del sensore fotografico, sia esso una pellicola analogica o un sensore digitale.
C’è da dire però che il valore EV è anche influenzato dalla “sensibilità” della pellicola o sensore digitale. Tale sensibilità è espressa in ISO e, per semplicità, per ora, la consideriamo uguale a 100 ISO.
L’EV è definita con la seguente formula (logaritmo in base 2 del quadrato dell’apertura di diaframma A diviso il tempo di esposizione T):
EV=log2(A2/T)
La foto seguente è stata scattata con l’obiettivo da 40mm impostato a un’apertura di f/16, la minima consentita, e una sensibilità di 100 ISO. La luminosità della scena ha richiesto un tempo di esposizione di 1/60 di secondo, scattata utilizzando un treppiede. L’apertura di f/16 ha permesso di ottenere un’ampia profondità di campo, con un range di messa a fuoco che va da 3,7 metri all’infinito. Tuttavia, si può notare un effetto mosso nelle fronde degli alberi sullo sfondo e nell’acqua.
Calcoliamo in EV la quantità della luce sulla scena catturata:
EV=log2[162/(1/60)] ≈ 14
Ora possiamo calcolare quanto sarebbe stato il tempo di esposizione T con una aperura di diaframma f/8:
EV=log2(A2/T), cioè 2EV = (A2/T), ovvero T = (A2/2EV):
T= (82/214) ≈ 1/250 sec
Considerando un tempo di esposizione di 1/250, l’uso del treppiede sarebbe stato superfluo. Le gocce d’acqua sarebbero state congelate e i rami degli alberi sullo sfondo non avrebbero mostrato alcun effetto di sfocatura. Tuttavia, la messa a fuoco avrebbe perso 2 metri di nitidezza davanti all’obiettivo, cosa da me non gradita.
Ora, data la quantità della luce, EV=14, vediamo come si comporta il tempo di esposizione al variare per 1 spot il diaframma dell’ottica (a 100 ISO):
– f/1,4: T= (1,42/214) ≈ 1/8000 sec
– f/2: T= (22/214) ≈ 1/4000 sec
– f/2,8: T= (2,82/214) ≈ 1/2000 sec
– f/4: T= (42/214) ≈ 1/1000 sec
– f/5,6: T= (5,62/214) ≈ 1/500 sec
– f/8: T= (82/214) ≈ 1/250 sec
– f/11: T= (112/214) ≈ 1/125 sec
– f/16: T= (162/214) ≈ 1/60 sec
Il nostro calcolo conferma che l’apertura di uno stop del diaframma dimezza il tempo di esposizione mantenendo costante la luminosità.
Qualche suggerimento!
Per acquisire maggiore familiarità con le misure degli f-Stop che influenzano l’apertura del diaframma, il tempo di esposizione e la sensibilità ISO (regolabile sui dispositivi digitali, ma una caratteristica intrinseca delle pellicole analogiche), consiglio di:
- Creare, con un po’ di fai-da-te, l’utile “Exposure Wheel“
- Testare sul proprio smartphone (Android o iPhone) l’utile app “Exposure Light Lux Meter” per la misurazione della luce (EV) e altre funzioni
Filtro ND (Neutral Density)
Ritorniamo alla foto mostrata sopra. Come detto lo scatto è stato realizzato chiudendo al massimo il diaframma (f/16), con un tempo di esposizione di 1/60 di secondo. Tuttavia, immaginiamo di voler creare un effetto setoso sul movimento dell’acqua della fontana nelle stesse condizioni di luminosità (14 EV); in questo caso, avremmo bisogno di un tempo di esposizione molto più lungo di 1/60 di secondo. Per ottenere questo effetto, possiamo utilizzare un filtro ND (Neutral Density), che riduce la luminosità della scena, permettendoci di allungare il tempo di esposizione.
La seguente foto è stata scattata con la stessa inquadratura della precedente, utilizzando l’apertura di diaframma f/16 e un filtro ND64, che ha comportato un tempo di esposizione di circa 1 secondo.
f/16, circa 1 secondo
A parità di diaframma quindi il filtro ND64 ci ha consentito di allungare il tempo di esposizione fino a circa 1 secondo. Ciò è possibile abbattendo di 6 spot il tempo di esposizione:
1/60 >(1)> 1/30 >(2)> 1/15 >(3)> 1/7,5 >(4)> 1/3,75 >(5)> 1/1,87 >(6)> 1/0,93 = 1,075 ≈ 1 secondo.
Analogamente possiamo affermare che il filtro ND ha diminuito di sei f-Spot la luminosità della scena abbassando il valore 14 EV a 8 EV.
Il numero ND64 (64) indica proprio il valore di spot: log2(64)=6. Da notare inoltre che per ottenere il nuovo tempo di esposizione determinato dal filtro ND64 è sufficiente moltiplicare il tempo 1/60 x 64 = 1.07 ≈ 1 secondo.
Alcune foto del 40mm
Giocando con gli f-Spot
Esaminiamo ora alcuni aspetti pratici del tempo di esposizione attraverso un esercizio divertente con luce artificiale di circa 4 EV. Questo esperimento è possibile grazie all’uso di un orologio al quarzo e di un adattatore “close focus” per fotografia macro.
Concludendo questo breve articolo, desidero fare un’ulteriore riflessione sulle tecniche di manipolazione delle immagini. La fotografia digitale permette di applicare filtri ed effetti durante la post-produzione, cioè dopo lo scatto. Tuttavia, è importante ricordare che è difficile replicare digitalmente l’effetto sulla luce ottenuto con un filtro ND, come quello menzionato in precedenza.
Esploreremo altre tecniche di manipolazione delle scene durante la cattura delle immagini, spesso impossibili da ottenere con i metodi digitali di post-produzione. Avremo inoltre l’opportunità di approfondire la post-produzione digitale stessa, che oggi sostituisce molte delle operazioni che un tempo i fotografi eseguivano in camera oscura. Resta connesso!
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