Cosa faccio

il mio lavoro

Attualmente lavoro presso un rinomato ente nazionale che ha origine nel settore della ricerca e che oggi si occupa non solo di ricerca, ma anche di funzioni di indirizzo e procurement nel campo delle alte tecnologie e della new economy. Attualmente ricopro il ruolo di Collaboratore Tecnico degli Enti di Ricerca.

Non menziono i nomi delle organizzazioni per cui ho lavorato, poiché desidero presentare la mia professione in termini generali.

la mia storia

Ho iniziato a lavorare nel 1991, in quanto non avessi una laurea, fui inquadrato come operatore tecnico degli enti di ricerca, sebbene con un inquadramento inferiore al titolo di studio.
Quando hai 22 anni e vuoi lavorare, non ti soffermi troppo sui dettagli contrattuali. L’importante è iniziare.
Fui assegnato a un dipartimento universitario a Roma, dove le mie prime mansioni consistevano nel catalogare testi e pubblicazioni universitarie nel campo della chimica organica.
Oltre alla mia formazione scolastica, avevo una grande passione per l’informatica, iniziata a 14 anni con la programmazione in Basic e successivamente in linguaggi più complessi. Ho cominciato con un Commodore Vic20, poi un Commodore 64 (Commodore), un Amstrad ZX Spectrum e un Olivetti M24. I computer sono diventati parte integrante della mia vita, insieme a tutta la tecnologia che ci accompagna fino a oggi e che non possiamo ignorare.
Creare un database per catalogare i testi e tracciare il prestito da parte di docenti, impiegati o studenti universitari non fu un grosso problema per me. Chissà che fine ha fatto quel lavoro!

Nel 1992 sono stato trasferito presso un istituto di Pisa specializzato in tecniche di mutagenesi e differenziamento. La struttura comprendeva un centro chimico e un centro di biologia applicata. Io lavoravo nel laboratorio chimico, occupandomi di preparativa e analisi chimica con strumenti Beckman per cromatografia liquida ad alta pressione, assistiti da software e hardware avanzati (la mia specialità!). Inoltre, mi dedicavo alla sintesi peptidica in fase solida utilizzando apparecchiature Millipore, anch’esse gestite tramite specifici software e hardware. Naturalmente, anche la pulizia del laboratorio rientrava nelle mie responsabilità. Il centro di biologia studiava gli effetti delle porzioni peptidiche sintetizzate nel laboratorio chimico sull’olfatto dei ratti. I biologi avevano allestito un complesso labirinto in cui i ratti, guidati da odori di pirazina sempre decrescenti, venivano attratti verso un premio (cibo). Gli studi e le analisi venivano poi pubblicati in riviste scientifiche.

Successivamente, nel 1994, avendo accumulato esperienza nelle tecniche di utilizzo della strumentazione adibita alla cromatografia, fui accolto in un istituto di Roma che si occupava di chimica nucleare. Le mie mansioni riguardavano sempre attività di laboratorio con esperimenti di analisi e preparazione. Da qualche anno, le strutture nazionali di ricerca si stavano gradualmente unificando in una rete per lo scambio di informazioni scientifiche (il 1991 era stato l’anno della nascita del World Wide Web). E così, era necessario familiarizzare con i protocolli di comunicazione per avvalersi di Internet (stava iniziando l’era della globalizzazione delle informazioni!).
Detto ciò, mi occupai di mettere in rete i computer dell’istituto su un anello Token Ring che serviva numerose strutture di ricerca del plesso. Certo non era il massimo della funzionalità, ciascuna macchina rappresentava un nodo della rete e quindi, se cadeva un nodo, la rete/sottorete si interrompeva. Era il tempo di WIN3.11 che si appoggiava sul SO DOS. Configurare una macchina in rete significava intervenire sul DOS e solo successivamente su Windows, che rappresentava, dal mio punto di vista, una GUI rivoluzionaria. Era anche il tempo dei costosi Macintosh. Conoscere i protocolli di comunicazione e saper configurare un ambiente di rete, anche inteso come rete locale per distribuire l’attività, divenne un elemento distintivo e qualificante delle risorse umane.

Nel 1996 lasciai definitivamente il laboratorio chimico. Iniziai a essere chiamato “tecnico informatico” e il mio Ente mi richiamò nella sede principale per un’importante attività imminente. Dovevo creare un ambiente per gestire numerose procedure concorsuali, da svolgere in diverse strutture di ricerca sul territorio nazionale, ma tutte centralizzate. Studiai le fasi e le procedure concorsuali, collaborando con il personale amministrativo che le gestiva. Creai un database relazionale per raccogliere e processare i dati dell’intera procedura, dall’indizione del bando alla nomina dei vincitori, compresi i calcoli e le procedure di stampa unione per la formazione degli atti. Era l’epoca di Windows NT, un sistema operativo completo e funzionale. Il database risiedeva su un server in una rete locale con altre quattro workstation. Programmai l’interfaccia per l’accesso ai dati e i comandi funzionali in MS Access. Lavoravamo in un grande ufficio che accoglieva tutti i colleghi, e inevitabilmente diventammo amici. In tempi record, l’ente assunse circa 1300 unità di personale tra ricercatori e tecnici, raggiungendo un importante obiettivo istituzionale, soprattutto per il direttore generale. Fu un grande onore essere chiamato proprio dal direttore generale, che mi dimostrò la sua stima professionale e, come premio per il lavoro svolto, mi permise di frequentare tre corsi di formazione professionale sui linguaggi di programmazione C e C++.

La mia ultima esperienza lavorativa e il riconoscimento da parte di un dirigente di alto profilo nel settore della ricerca mi permisero di ottenere una proposta di collaborazione presso un altro ente. Così, nel 2001, accettai e intrapresi una nuova avventura professionale, inizialmente focalizzata sulla sicurezza.
Il 2001 fu un anno significativo per la sicurezza. Fu l’anno degli attentati alle Torri Gemelle negli Stati Uniti. All’epoca, l’informatica non era una disciplina ampiamente monitorata dalle istituzioni di sicurezza governative. Erano gli anni di Phil Zimmermann, che donò alla comunità uno strumento di crittografia straordinario, il Pretty Good Privacy (PGP). Per questo motivo, venne indagato dal governo americano ma successivamente assolto (anche se il sistema crittografico subì delle limitazioni). In quegli anni, si utilizzavano diverse tecniche crittografiche per nascondere informazioni. Non ci sono certezze, ma si ipotizza che alcune cellule di Bin Laden comunicassero tra loro utilizzando tecniche di steganografia senza aprire canali di comunicazione soggetti a controllo (Nicola Amato, “La steganografia da Erodoto a Bin Laden”,  2009).

Dal 2001, presto quindi servizio presso l’ente menzionato in premessa. Non entrerò nei dettagli delle mie successive esperienze professionali, che comunque mi hanno sempre visto impegnato in attività informatiche di vario genere. Posso affermare di essere esperto nella gestione e rappresentazione di grandi quantità di dati, nonché nella loro modellazione semantica per estrapolare informazioni utili. Alcune delle mie attività nel corso degli anni si sono allineate con i miei hobby e passioni, che saranno trattati nella sezione dedicata del mio sito.